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Che cosa è la pancreatite acuta?

La pancreatite acuta è un evento morboso acuto dovuto ad una alterazione infiammatoria del pancreas che si manifesta tipicamente con dolore addominale ed usualmente associato ad elevazione plasmatica e/o urinaria degli enzimi pancreatici (amilasi, lipasi). E’ generalmente ammesso che la pancreatite acuta sia dovuta ad un processo di autodigestione del pancreas da parte dei propri enzimi inappropriatamente attivati nella ghiandola. I meccanismi per cui vengano attivati gli enzimi non è stato ancora chiarito. Nella pancreatite acuta biliare l’evento scatenante sembra essere l’ostruzione della papilla di Vater da parte di un calcolo biliare. Il conseguente improvviso aumento della pressione nei dotti pancreatici scatenerebbe la pancreatite acuta.

Quali sono le cause che possono provocare la pancreatite acuta?

Nel 45% dei casi è causata da calcolosi biliare, il 35% è dovuta all’alcol, il 10% riconosce svariate cause ed il restante 10% è idiopatica (causa sconosciuta). Esistono delle differenze in base ai paesi in relazione alle abitudini di vita. Per esempio nei paesi del Nord Europa esiste una maggiore incidenza di pancreatite acuta alcoolica che colpisce prevalentemente gli uomini (90,6% vs 9,4%), mentre nel gruppo di pancreatite acuta da patologia biliare predominano le donne (59,8% vs 40,2%). L’età media alla comparsa della malattia è molto più bassa nelle forme alcoliche rispetto alle forme biliari. In Italia la percentuale d’incidenza del pancreatite acuta è rispettivamente 60,3% per l’origine litiasica vs 13,2% per quella alcoolica.

Quali sono le indagini diagnostiche per accertare la pancreatite acuta?

La diagnosi clinica è difficile, con una percentuale di mancata diagnosi del 43% dei casi. Pazienti in giovane età (30-40 anni), possono presentare una pancreatite acuta alcolica. In questi casi in consumo giornaliero stimato è di circa 150 g., ma anche un consumo alcolico di 50 g. /die può esporre a tale rischio, se protratto per un periodo di tempo medio stimato tra i 4 ed i 6 anni. Al contrario, la pancreatite acuta biliare è di più frequente riscontro nei pazienti anziani con storia di colelitiasi o di dolore intermittente e post-prandiale localizzato al quadrante addominale superiore destro. La diagnosi si basa sulla clinica gli esami di laboratorio e l’imaging. Il paziente si presenta clinicamente con dolore epigastrico da moderato a severo, irradiato al fianco, al dorso o ad entrambi. Classicamente il dolore è continuo, sordo, trafittivo, che peggiora dalla posizione in stazione eretta ed alleviato dalla posizione seduta o dalla posizione fetale. Nausea e vomito sono presenti nel 75-90% dei casi. Anche se di bassa sensibilità i livelli sierici di amilasi sono ampiamente utilizzati per la velocità e la semplicità di dosaggio, oltre che per il basso costo. Nei casi non complicati, i livelli sierici aumentano dopo 2-12 ore dall’inizio dei sintomi con un picco intorno alle 12-72 ore, per tornare alla norma dopo una settimana. I livelli di lipasi aumentano dopo 4-8 ore dall’esordio clinico, con un picco dopo 24 ore ed un graduale decremento dopo 14 giorni. La sensibilità (86-100%) e la specificità ( 50-99%) sono superiori rispetto alle amilasi, soprattutto per le pancreatiti alcoliche. Un elevato livello di Tripsina è probabilmente il più accurato marker biochimico di pancreatite acuta superato solo dal dosaggio dell’elastasi. Sfortunatamente sono entrambi tests di non ampia diffusione e quindi non routinariamente applicabili. Il segno più specifico di pancreatite acuta rilevabile con una radiografia dell’addome è la presenza di un’ansa sentinella, dovuta alla distensione gassosa del duodeno secondaria all’ostruzione. Per una valutazione iniziale, l’ultrasonografla è un esame accettabile quando soprattutto si sospetti un’eziologia biliare; ha il vantaggio di essere non invasiva, relativamente poco costosa e di poter essere effettuata a letto del paziente. ma nel 35% dei casi il pancreas non è visualizzabile per la presenza di gas. La tomografia assiale computerizzata (tac) con mezzo di contrasto evidenzia un ingrandimento diffuso o segmentario della ghiandola, contorni irregolari della stessa, obliterazione del grasso peripancreatico, necrosi o pseudocisti. La tac è utile in caso di negatività dei precedenti esami strumentali, qualora si sospetti una complicanza settica e nel follow-up dei pazienti con deterioramento clinico. Ultimamente lo studio del pancres e delle vie biliari viene eseguito anche con una particolare risonanza magnetica chiamata colangio-rm. Questo esame non invasivo può definire meglio la causa della pancreatite soprattutto se di origine biliare fornendo informazioni proprio sull’albero biliare e sulla presenza di calcoli al suo interno. È un esame innocuo, ripetibile, costoso, e per la macchina che viene utilizzata (un tubo particolarmente angusto), fastidioso per coloro che soffrono i locali chiusi, è controindicata viceversa per tutti coloro che sono portatori di oggetti metallici (protesi, pace maker etc). La colangiopancreatografia retrograda endoscopica (cpre) è principalmente indicata nei pazienti con sospetta pancreatite acuta biliare è una indagine diagnostica ma può in caso di presenza di litiasi del coledoco diventare terapeutica per la possibilità di eseguire una sfinterotomia con rimozione del calcolo incuneato e deve essere eseguita precocemente (entro le 24 ore) dall’esordio dei sintomi. Il paziente con pancreatite acuta in relazione alla gravità del quadro clinico verrà sottoposto all’ingresso allo studio sierologico ed inizialmente ad esame ecotomografico. Un’eziologia biliare può essere sospettata anche in presenza di ecotomografia negativa se le GOT e le GPT sono oltre tre volte la norma (sensibilità 50% ma specificità > 95%). Infatti la sensibilità della ecotomografia normalmente è del 95% ma in presenza di pancreatite acuta si riduce al 70-75% per la presenza di meteorismo. In ogni paziente affetto da pancreatite acuta deve essere eseguita una tac addome per escludere che tra le cause di pancreatite ci possa essere la presenza di una massa solida o liquida. l pazienti in cui né la storia clinica né i test diagnostici permettono di individuare il movente etiologico, sono da considerarsi portatori di pancreatite acuta idiopatica ed in questi pazienti, il 96% non avrà un nuovo attacco negli ulteriori tre anni a venire.

Quali sono i criteri di gravità della pancreatite acuta?

Il primo problema è la stratificazione dei pazienti, per differenziare le forma lievi-moderate dalle forme severe che devono essere trattate con molta attenzione. Vari parametri clinici sono usati per classificare i pazienti e tra i più seguiti, soprattutto negli Stati Uniti ci sono i criteri di Ranson che si applicano in maniera diversa a seconda che l’eziologia della pancreatite sia biliare o meno e che hanno Io svantaggio di richiedere almeno 48 ore di osservazione clinica prima di diventare pienamente operativi. Nel Regno Unito sono molto usati i criteri di Glasgow (o Imrie) perchè utilizzano un numero inferiore di fattori. Il punteggio ottenuto mediante i criteri Acute Physiology and Chronic Health Evaluation (APACHE II), anche se più scomodo da calcolare rispetto ai criteri di Ranson e Glasgow, ha il vantaggio di poter essere attuato immediatamente all’atto del ricovero del paziente. Sostanzialmente, rispetto ai criteri di Ranson e Glasgow, fornisce una predittività di gravità similare. Altro sistema sviluppato per fornire una classificazione prognostica è il Multiple Organ System Failure (MOSF). Sia il MOSF che l’APACHE II possono essere eseguiti entro poche ore dal ricovero ed inoltre essere ripetuti giornalmente per monitorizzare la progressione della malattia. Il Test biochimico più semplice ed ampiamente disponibile è il dosaggio, in seconda/terza giornata, della proteina C reattiva: livelli sierici superiori a 120 mg/L sono significativamente predittivi di una forma grave di pancreatite. Anche la TC con mezzo di contrasto con immagini ottenute durante la fase di arteriosa di perfusione può essere usata per valutare la gravità di un attacco di pancreatite acuta mediante criteri tomografici sviluppati da Balthazar e coll.: un punteggio di 0-1 che esclude sia una raccolta peripancreatica che la necrosi, è associato con una mortalità dello 0% e con una percentuale di complicanze del 2%. Viceversa un punteggio compreso tra 7 e 10 è associato con una mortalità del 17% e con una percentuale di complicanze del 92%. Il ruolo della TC è quello di confermare la diagnosi, monitorare in seconda settimana le raccolte fluide e le necrosi che potrebbero richiedere l’intervento chirurgico ed escludere una neoplasia tra le cause dell’attacco di pancreatite acuta. Il trattamento delle forme lievi-moderate è basato principalmente sull’idratazione e sul controllo del dolore. Sondino naso-gastrico: studi controllati hanno confermato che il suo posizionamento routinario non porta a miglioramento dei risultati. Da posizionare quindi per il trattamento sintomatico della nausea, del vomito e della distensione addominale dell’ileo e dell’ipersecrezione, se presenti. Controllo dell’equilibrio idro-elettrolitico: infusione di 2-6 litri al giorno dal momento che grandi quantità di liquidi possono essere sequestrati nell’intestino e nel retroperitoneo Se possibile monitorizzare la pressione venosa centrale e la diuresi (deve rimanere al di sopra dei 30 ml/ora). Monitorizzazione e correzione dell’ipocalcemia. Vengono inoltre somministrati farmaci antidolorifici per via endovenosa. Il paziente viene nutrito mediante la somministrazione di una alimentazione parenterale totale in relazione al quadro clinico, bioumorale e radiologico, qualora fosse previsto che il paziente non riprenderà l’alimentazione entro sette giorni dall’ospedalizzazione. La ripresa dell’alimentazione per via naturale si basa principalemente basandosi sui sintomi ma anche sugli esami di laboratorio (livelli di amilasi e lipasi): se il paziente non ha da molto tempo dolore, l’alimentazione per os può essere tentata per essere altresì prontamente sospesa alla prima ricomparsa della sintomatologia algica in risposta al cibo. Verranno utilizzati anti H2 o inibitori della pompa protonica: inefficaci sulla pancreatite acuta ma utili per la prevenzione delle ulcere peptiche. Per la terapia della pancreatite acuta Vengono utilizzati altri farmaci come le antiproteasi: considerando i dati emergenti dalla meta-analisi di cinque trias, le antiproteasi possono giocare un ruolo qualora siano somministrate profilatticamente e quando siano usate nella fase molto precoce della malattia.In particolare il gabesato mesilato somministrato a dosaggi di 900 mg/die i.v. per almeno sette giorni è efficace quanto il gabesato mesilato somministrato a dosaggi di 1500 mg/ die i.v. per lo stesso periodo di tempo nel ridurre le complicanze della pancreatite acuta Inoltre studi randomizzati placebo-controllo hanno dimostrato che il gabesato mesilato riduce le pancreatiti post CPRE dall’8% al 2%. Somatostatina ed Octreotide: il loro uso ha fornito risultati non univoci. Sebbene nessun singolo studio abbia dimostrato un miglioramento della sopravvivenza con l’uso della somatostatina, una metanalisi di sei studi controllati ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza. Viceversa uno studio israeliano ha dimostrato che l’octreotide a dosaggi di 100 mcg tre volte al dì per 14 giorni migliora la percentuale di sepsi ed il tempo di degenza ospedaliera in pazienti con pancreatite acuta severa. Invece un recente studio scozzese non ha dimostrato alcun miglioramento in termini di mortalità e sviluppo di complicanze in un vasto gruppo di pazienti trattati con alti dosi di octreotide (1000 mcg/die) per cinque giorni. E’ verosimile pertanto che sia l’octreotide che la somatostatina possano apportare solo un lieve beneficio nel trattamento della pancreatite acuta.

Possono insorgere complicanze nei pazienti affetti da pancreatite acuta?

Purtroppo la pancreatite acuta può essere una malattia molto grave che può evolvere, nonostante l’utilizzazione dei presidi terapeutici, a gravi complicanze come:

Insufficienza Multiorgano
Durante la prima settimana, le complicanze più temibili sono l’insufficienza respiratoria e lo shock. Il momento patogenetico di entrambe le complicanze è da ricondurre al rilascio di citochine e del fattore attivatore delle piastrine (paf) che producono effetti sistemici con ipotensione e trasudazione di fluidi dai capillari polmonari agli alveoli e conseguente insufficienza respiratoria. La prima decisione da prendere è quando trasferire il paziente in una Unità Intensiva per una più stretta monitorizzazione: ciò va attuato senza indugio alla prima comparsa di sintomi di impegno polmonare e/o vascolare come tachipnea, ipotensione ed oliguria. Gli iniziali entusiasmi sull’impiego della dialisi peritoneale nell’insufficienza respiratoria e cardiovascolare sono stati spenti da due studi randomizzati che hanno dimostrato che essa non apporta alcun beneficio. Invece un farmaco molto promettente in tal senso è l’inibitore del paf, il Lexipafant: sembra aver modificato la mortalità dal 20 % al 10% se somministrato entro 48 ore dall’insorgenza dei sintomi. .

Prevenzione delle infezioni
Come già detto, dopo la prima settimana di malattia la più frequente causa di morte del paziente con pancreatite acuta è la sepsi pancreatica, generalmente dovuta ad aree necrotiche infette a causa della migrazione batterica dal tratto gastrointestinale (specialmente dal colon). Tre studi condotti negli anni novanta, uno dei quali in Italia, hanno dimostrato il beneficio complessivo di una terapia antibiotica a largo spettro in termini di riduzione della mortalità delle giornate di degenza, delle infezioni del tratto urinario e del numero di interventi chirurgici per paziente. Al momento attuale l’uso di antibiotici per via endovenosa o di antibiotici attivi per os sulla flora batterica intestinale, è raccomandato nei pazienti con forme necrotico-emorragiche. Se con la TC si evidenziano focolai necrotici o il paziente presenta segni cIinici quali febbre elevata, tachicardia, leucocitosi, è indicato procedere al drenaggio percutaneo della raccolta individuata.

Necessità di rimuovere d’urgenza dei calcoli dalla via biliare
I tre studi di riferimento su vaste casistiche che si trovano in letteratura dimostrano che la CPRE d’urgenza con estrazione del calcolo biliare deve essere effettuato precocemente (entro le prime 24 ore) piuttosto che più tardivamente ( dopo le 24 ore) e ciò a maggior ragione se si sospetta una colangite. In questi casi dopo il trattamento endoscopico viene consigliata un’attesa di circa 24-48 ore e successivamente il paziente viene sottoposto alla colecistectomia eseguita per via laparoscopica per rimuovere la colecisti contenente i calcoli causa della pancreatite acuta

Pseudocisti
Si sviluppano in una percentuale variabile dal 10% al 15% durante il decorso di una pancreatite grave. Nel loro lavoro, Bradley e Coll., hanno dimostrato che circa il 40% delle pseudocisti si risolve entro 6 settimane dalla loro identificazione e che le complicanze si sviluppano in circa il 20% dei casi, per cui hanno sostenuto che il drenaggio deve essere effettuato dopo almeno sei mesi di osservazione clinica. Altri due lavori hanno dimostrato che l’osservazione clinica può protrarsi anche oltre un anno. L’intervento chirurgico non deve essere procrastinato nei pazienti con incrementi volumetrici della pseudocisti oppure in quelli con pseudocisti sintomatiche.

La pancreatite acuta in sintesi

La mortalità per pancreatite acuta va dallo 0% nelle forme lievi-moderate, al 10% nelle forme con necrosi sterili fino al 25% nelle forme con necrosi infette. Il dosaggio dei livelli sierici degli enzimi pancreatici rimane il Gold Standard per la diagnosi di pancreatite acuta L’ultrasonografia è utile nelle forme biliari, evidenziando dilatazione delle vie biliari ma è accettato che non ha un ruolo importante nella diagnosi e nello staging della pancreatite acuta per l’incompletezza diagnostica dovuta alla presenza del gas intestinale per l’ileo paralitico usualmente presente. Nei casi dubbi con esordio clinico atipico, la tac evidenzia la presenza-assenza di una pancreatite. E’ necessaria una precoce identificazione dei pazienti portatori delle forma necrotico emorragiche della malattia, che si possono precocemente giovare della sfinterotomia endoscopica nelle forme biliari, della profilasi antibiotica e dell’antagonista del fattore di attivazione delle piastrine. In tal senso, se un sistema predittivo di gravità deve essere usato, la migliore scelta è l’APACHE II calcolato entro le prime 24 ore. L’obesità ( BMI > 30 Kg/m2 ) è un fattore di rischio predittivo di gravi complicanze. Una radiografia del torace eseguita entro le 24 ore dal ricovero è utile per evidenziare un versamento pleurico, che si associa allo sviluppo di complicanze. Tale rischio è minore per il versamento destro, maggiore per il versamento sinistro o bilaterale. I focolai di necrosi sono evidenziabili dopo 96 ore dal ricovero per cui la loro diagnosi mediante TC è massimamente probabile (sensibilità del 100%) dopo 4-10 giorni. Anche se sono disponibili numerosi markers biochimici di gravità della malattia (interleukina-8, intyerleukina-6, TNF ) il dosaggio della proteina C-reattiva è un buon test per individuare le forme moderate-severe a 48 ore dall’esordio dei sintomi. Il cut-of attualmente accettato è di 150 mg/L. Il trattamento della pancreatite acuta deve cominciare al più presto possibile con un’abbondante infusione di liquidi e cure di supporto al fine di ripristinare un volume circolante efficace; entrambi questi provvedimenti riducono il rischio di estensione dei focolai necrotici e di altre complicanze. Al fine di usufruire delle migliori opzioni terapeutiche, il paziente dovrebbe essere avviato ad un centro di riferimento specializzato nella trattamento di questa forma morbosa. La terapia antibiotica previene le complicanze e riduce la mortalità. Le infezioni da germi Gram negativi provenienti dall’intestino sono le più importanti riguardo la prognosi. Una terapia antibiotica profilattica è fortemente raccomandata nelle pancreatite acuta severa. Nelle forme biliari, soprattutto con ittero o complicate da colangite, un trattamento endoscopico precoce riduce significativamente le complicanze e la mortalità. La CPRE d’urgenza dovrebbe essere eseguita il più presto possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’ospedalizzazione La nutrizione enterale precocemente iniziata in corso di pancreatite acuta severa è sicura e probabilmente riduce il rischio di complicanze avendo l’accortezza di posizionare il sondino nasodigiunale oltre l’angolo di Treitz. Un’ampia varietà di antiproteasi ed antisecretivi ( aprotinina, glucagone, anticolinergici) non hanno effetti positivi nella pancreatite acuta severa. Le moderne antiproteasi (Gabesato Mesilato) ed i moderni farmaci antisecretivi (Somatostatina ed Octreotide) non hanno efficacia sulla mortalità mentre hanno una debole efficacia nel ridurre le complicanze. Il razionale per l’intervento chirurgico non è facile da stabilire per la mancanza di chiare linee guida cui poter fare riferimento. Basandosi sull’evidenza, non c’è ragione di intervenire sulle necrosi sterili. Quando la diagnosi tac è incerta e la rm non è disponibile, si può rendere necessaria una laparotomia precoce. L’indicazione chirurgica è indubbia in caso di necrosi pancreatiche e/o extrapancreatiche infette. Al momento attuale la sola assoluta indicazione chirurgica di debrigliamento è la sepsi dimostrata con l’agoaspirazione percutanea.