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Fig. 1. Sede della cisti  e fistole sacrococcigee

Fig. 1. Sede della cisti e fistole sacrococcigee

Fig. 2. Sede della cisti  e fistole sacrococcigee

Fig. 2. Sede della cisti e fistole sacrococcigee

Se avete notato in corrispondenza dell’ultima parte dell’osso sacro (Fig. 1 e Fig. 2.) prima di avvicinarsi all’ano, una piccola tumefazione o se avete notato che la vostra biancheria intima, nella parte posteriore, si sporca di materiale giallastro in corrispondenza della regione sacrale o tra il sacro e l’ano o avvertite un forte ed improvviso dolore sempre in quella zona o ancora se dopo una di queste evenienze siete andati dal vostro medico di fiducia e questi vi ha detto che avete un ascesso o una fistola sacroccigea, consigliandovi uno specialista, allora potrebbe essere utile tutto quello che qui di seguito mi accingo a scrivere, per provare a spiegare, spero non allarmarvi ma solo a tranquillizzarvi.

Fig. 3. Fistole sacrococcigee

Fig. 3. Fistole sacrococcigee

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Fig. 4. Fistole sacrococcigee dopo somministrazione locale
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Che cos’è la cisti pilonidale / sacrococcigea?

È una cisti, un piccolo sacchettino, tra la parte terminale dell’osso sacro (coccige) e la cute. Quindi una cisti mediana localizzata tra i due glutei. Il suo contenuto può variare: da materiale sebaceo semisolido, a liquido. Può contenere anche peli. Molto frequentemente comunica con l’esterno (fistola)

Fig. 3 e 4. Tale apertura permette la fuoriuscita di quella secrezione che a volte può sporcare la biancheria intima.

 

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Fig. 5. Patogenesi della fistola sacroccigea

Perchè si forma la cisti? Qual è la sua evoluzione naturale?

La cisti dapprima si riteneva formarsi per un anomalo sviluppo embrionale, ultimamente il mondo scientifico viceversa si è orientato ad attribuire la causa della formazione della cisti all’“incistamento dei peli”. Lo sfregamento della regione tra i glutei permetterebbe l’incarnamento dei peli. Il passaggio successivo è quello della formazione della cisti la quale, a causa dei microtraumi continui (anche solo quello determinato dal sedersi), può infiammarsi e trasformarsi in ascesso. L’ascesso tende a svuotarsi del suo contenuto (pus) comunicando con la cute con un percorso più o meno lungo e diretto (fistola). Il cronicizzarsi di tale situazione con l’alternarsi della formazione degli ascessi e del loro drenaggio all’esterno potrà complicare ulteriormente la situazione in quanto per il drenaggio non necessariamente verrà utilizzato il tramite fistoloso già esistente. L’apertura della fistola potrà essere singola mediana o laterale ma potranno esserci, per i motivi sopra esposti, più tramiti fistolosi tale situazione configura una situazione assai più complessa. Pertanto la cisti, in virtù delle più recenti acquisizioni, è una patologia acquisita e pertanto nonostante sia possibile eseguire una cura radicale della patologia è possibile la recidiva che può raggiungere anche il 40-50%. Tali dati sembrerebbero ultimamente influenzati positivamente dall’uso di nuovi presidi terapeutici.

Chi viene colpito da questa patologia?

Questa lesione è più frequente nei giovani uomini caucasici (età compresa tra 15 e 24 anni), questo non vuol dire che possano esserci casi nel sesso femminile o in altre fasce d’età. Si riscontrata un aumento d’incidenza nei soggetti che rimangono seduti per lunghi periodi di tempo. Le classi lavorative più colpite sono per esempio coloro che guidano e stanno per molto tempo seduti (camionisti)

Fig. 5 Esistono inoltre dei fattori che possono essere considerati predisponenti alla formazione di questa patologia e sono:

– obesità;

– attività sportive che impongono una posizione seduta prolungata;

sudorazione eccessiva;

– la scarsa igiene;

– utilizzo di indumenti particolarmente stretti.

 

Come ci si accorge di essere affetto da cisti pilonidale/sacrococcigea?

Solitamente la presenza di questa tumefazione benigna passa inosservata fino a quando questa non arriva ad infiammarsi. Compariranno segni locali rappresentati da dolore localizzato in corrispondenza della regione interglutea, la cute sarà arrossata e calda, la pressione di questa zona aumenterà il fastidio e/o il dolore. Potranno comparire anche segni generali: febbre, malessere generalizzato, cefalea. L’evoluzione di questa situazione è rappresentata dall’apertura spontanea e dalla conseguente fistolizzazione. Talvolta, raramente, con l’uso di rimedi come gli antibiotici, la vecchia e famosa borsa dell’acqua calda sulla zona infiammata o l’uso di pomate come l’ittiolo, tale processo infiammatorio, se preso in tempo, può regredire senza aprirsi.

Nel primo o nella seconda evenienza tale processo potrà ripresentarsi con le evoluzioni già descritte. La possibilità che possa formarsi più tramiti fistolosi è concreta.

Che fare in presenza dell’episodio acuto?

Rivolgersi al medico è la prima ed unica cosa da fare ai primi sintomi. Dopo una visita generale e locale il medico potrà proporVi i trattamenti già descritti nei precedenti paragrafi e cioè l’uso dei rimedi come borsa dell’acqua calda, l’uso della pomata all’ittiolo e la prescrizione di antibiotici. Superato l’evento acuto rappresentato cioè o dalla spontanea apertura e drenaggio del materiale purulento o della riduzione senza apertura spontanea, nel primo caso dovranno essere eseguite delle medicazione ed al termine di queste sarà utile consultare lo stesso medico o uno specialista per le indagini diagnostiche e le cure successive.

Che tipo di esami possono essere consigliati?

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Fig. 6. Cisti sacroccigea e fistole sacrococcigee ecografia dei tessuti

L’Ecografia dei tessuti molli, e la RMN fistolografia della regione interessata sono gli esami di prima scelta. Sono entrambi esami non invasivi e ripetibili, il primo, l’ecografia dei tessuti molli, fornisce informazioni sia sulla lesione cistica che sull’eventuale presenza e tragitto del o dei tramiti fitolosi Fig. 6.

La RMN fistolografia permette di raggiungere le stesse informazioni fornendo però delle immagini che potranno essere valutate direttamente dal chirurgo utili soprattutto nel momento del trattamento. Le stesse informazioni ottenute con la RMN fistolografia possono essere fornite anche dalla Rx fistolografia, cioè un esame radiologico che si esegue introducendo del mezzo di contrasto in corrispondenza della/e apertura/e finali delle fistole. È un esame, che utilizzando apparecchiature radiologiche di nuova generazione,  può essere considerato poco invasivasivo.

Che trattamento eseguire in presenza di cisti pilonidale/sacrococcigea?

Il trattamento della cisti pilonidale/sacroccigea è chirurgico.

Nella fase acuta, quando è presente l’ascesso è possibile, in ambulatorio, eseguire una piccola incisione in corrispondenza della tumefazione dolente per permettere al liquido purulento di uscire. Sarà necessario prima di incidere praticare un’anestesia cutanea, per contatto, per ridurre al minimo le afferenze dolorifiche provocate dall’incisione, sarà inoltre necessario pulire e lavare la cavità sede della raccolta purulenta. Saranno necessarie delle medicazioni, inizialmente tre volte a settimana che poi si diraderanno nella frequenza col tempo. Saranno necessari controlli medici durante la chiusura della ferita che solitamente avviene in circa un mese. Non saranno necessari antibiotici, talvolta potrà essere utile l’uso di antidolorifici. Sarà inoltre necessario tenere pulita la zona sede dell’incisione e privarla dei peli per aiutare a prevenire le recidicìve.

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Fig. 7. Schema di trattamento chirurgico fino a non molto tempo fa

Per il trattamento della cisti e della fistola, qualora presenti, in precedenza, il trattamento prevedeva l’escissione piuttosto ampia del tessuto circoscrivente la regione sede della cisti con la rimozione inoltre del tramite fistoloso. Tale intervento aveva due varianti tecniche: quella che lasciava la ferita aperta, che si sarebbe chiusa nel tempo, con successive medicazioni (tale trattamento sembrava associato ad una ridotta incidenza di recidiva), l’altra che dopo l’asportazione del tessuto sede della patologia chiudeva la ferita con punti che venivano rimossi dopo circa 10 giorni. Alcuni chirurghi, per evitare che al di sotto della ferita si raccogliesse del materiale liquido, posizionavano un drenaggio che veniva lasciato in sede per circa 3-4 giorni. Il tempo di recupero era complessivamente piuttosto lungo e poteva richiedere diverse settimane.

Attualmente viste le premesse sulle cause della formazione di questa malattia, le nostre convinzioni sulla natura benigna ed acquisita di questa patologia, l’impianto terapeutico si è radicalmente modificato e di conseguenza anche l’approccio e l’intervento. Si tende a evitare un’ampia apertura anche nella fase acuta, in quanto l’anestesia, per l’infiammazione dei tessuti, sarebbe poco efficace ed inoltre saremmo costretti a rimuovere ampie parti di tessuto. Attualmente il trattamento proposto si concentra dopo che il processo flogistico è regredito e prima che un nuovo processo infiammatorio si ripresenti. L’intervento consiste in piccole incisioni e altrettanto limitate asportazioni di tessuto che permettono quindi la chiusura della ferita con pochi punti di sutura. Questi limitati trattamenti permettono una ripresa immediata dell’attività senza o con poca sintomatologia dolorosa.

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Fig. 8. Attuale trattamento chirurgico: rimozione del solo tessuto patologico. Cisti e tramiti fistolosi

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Fig. 9. Attuale trattamento chirurgico con plug riassorbibile a pochi giorni dall’intervento

In commercio ultimamente è stato proposto un materiale sintetico riassorbibile (Plug) che viene posizionato dopo il trattamento mini invasivo permettendo la più rapida cicatrizzazione ed inoltre il drenaggio delle secrezioni che possono prodursi dopo il trattamento nella cavità che residua dopo l’asportazione del tessuto sede della malattia Fig. 9

Che tipo di anestesia viene praticata per eseguire questo intervento?

Il trattamento di questa patologia benigna si esegue, normalmente, utilizzando l’ anestesia locale.  Essa consiste nella somministrazione, per infiltrazione locale, di un o più farmaci che inducono la perdita di sensibilità nell’area sede di intervento chirurgico; qualora la dose iniziale non sia sufficiente, essa può essere integrata nel corso dell’intervento a seconda delle necessità del Paziente, in modo tale che non venga percepito alcun dolore durante la procedura chirurgica. Durante la procedura chirurgica il Paziente viene sottoposto ad una monitorizzazione completa delle funzioni vitali e viene, per rendere più sopportabile la permanenza in sala operatoria può anche essere sedato, in modo tale che alla mancanza di sensazioni dolorose si unisca una piacevole sensazione di serenità. In altri casi, poi, sempre con la presenza e collaborazione dell’Anestesista, si può rendere necessaria una sedazione più profonda, in modo che il Paziente non possa avere dolore né percezione dell’ambiente operatorio.

Quali sono gli esami diagnostici che dovranno essere eseguiti prima del trattamento chirurgico?

Prima di eseguire la procedure chirurgica e anestesiologica, il Paziente dovrà essere preparato adeguatamente con uno studio preoperatorio costituito da esami ematochimici, un tracciato elettrocardiografico con visita specialistica cardiologica finalizzata all’intervento chirurgico, una radiografia del torace (tale esame potrebbe non essere eseguito in funzione della valutazione dello specialista chirurgo, anestesista, cardiologo).

Verrà sottoposto al Paziente un consenso informato scritto nel quale verranno illustrati e riportati il trattamento chirurgico ed anestesiologico, i rischi e le possibili complicanze?

La scelta del tipo dintervento chirurgico, del tipo di anestesia, dei relativi rischi e delle possibili complicanze verrà illustrata, discussa e concordata in ogni minimo particolare ben prima della procedura terapeutica alla quale il Paziente verrà sottoposto. Queste informazioni verranno prima dellintervento riformulate verbalmente e faranno parte di un consenso informato scritto che verrà sottoscritto sia dal chirurgo che dallanestesista che dal Paziente stesso.