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Il carcinoma della tiroide

Nel 70-90% dei casi l’esordio clinico è costituito dalla comparsa di un nodulo ghiandolare. I noduli tiroidei sono una patologia abbastanza frequente, riscontrata nel 4% della popolazione e pertanto è fondamentale l’esatta valutazione di queste neoformazioni al fine di identificare le forme maligne e pianificare il loro tempestivo e appropriato trattamento. Esiste, infatti, un’incidenza elevata (60%) di cancro per i noduli tiroidei solitari nei pazienti d’età inferiore ai 25 anni o superiore ai 60 anni

Nell’ambito dell’anamnesi del paziente elementi utili possono essere il sesso, l’età, la familiarità e la pregressa irradiazione del collo o della testa. Nella maggior parte dei casi il nodulo maligno non presenta sintomi d’accompagna-mento quali disfonia, disfagia o dispnea. All’esame obiettivo le caratteristiche della lesione sono scarsamente indicative. Una linfoadenectomia palpabile è osservata nel 10-20% dei pazienti adulti.

La valutazione strumentale si avvale: della Scintigrafia (circa l’80% dei noduli maligni sono scintigraficamente freddi) che risulta molto utile nell’evidenziare noduli captanti non palpabili; della FNAB, che ha una accuratezza diagnostica che arriva fino al 97%; di analisi di laboratorio, considerando che in presenza di una neoplasia maligna quadri di ipertiroidismo sono di riscontro eccezionale e che nei pazienti affetti da carcinoma midollare sono presenti elevati livelli di calcitonina e CEA; dell’Ecografia del collo.

Le neoplasie della tiroide vengono distinte istologicamente in forme differenziate e forme indifferenziate. Le prime comprendono: il carcinoma papillifero, che è l’istotipo più comune, con massima incidenza nella quarta e quinta decade e un rapporto maschi/femmine di 1/3. Nel 20-60% dei pazienti può essere multicentrico. In una percentuale tra il 37 e il 55% può interessare i linfonodi cervicali e, se supera i due cm di diametro arriva fino all’80% di metastasi linfonodali. La terapia è chirurgica e la sopravvivenza globale raggiunge il 90% a 10 anni. Attuale argomento di controversia è l’estensione della exeresi chirurgica, che può essere limitata, secondo alcuni, alla sola emitiroidectomia. Non é indicata l’associazione della linfoadenectomia. Il carcinoma follicolare che comprende il 20-25% delle neoplasie maligne della tiroide; colpisce soprattutto il sesso femminile in età medio-avanzata. Ha una spiccata malignità biologica, che può essere valutata in base al grado d’invasione della capsula. Le forme poco invasive presentano una minore incidenza di metastasi ed una prognosi a distanza che arriva fino ad una sopravvivenza a 10 anni del 75-90%, mentre quelle più invasive arrivano al 40-45%. La terapia è quella chirurgica, tiroidectomia totale, che può essere associata alla terapia radiometabolica con Iodio 131. Il tumore a cellule di Hurtle, che costituiscono l’1-10% dei tumori della tiroide, e che nel 30% dei casi può associarsi ad una tireopatia benigna sincrona o pregressa. Si ritiene che le cellule di Hurtle originino dalle cellule follicolari o ne rappresentino una variante. La neoplasia può interessare i linfonodi regionali nel 10% dei casi.

 

La terapia è chirurgica

Il carcinoma midollare rappresenta il 3-12% di tutti i tumori maligni della tiroide e deriva dalle cellule C (parafollicolari) deputate alla produzione di calcitonina. Questa forma può comparire anche in forma familiare nell’ambito delle sindromi poliendocrine. Interessa soggetti giovani e può presentarsi con forme multiple o bilaterali. I risultati del trattamento chirurgico sono influenzati dall’estensione locale, dalla presenza di metastasi e dalla loro velocità di crescita. Nei pazienti N+ la sopravvivenza può arrivare all’85%. Il trattamento di scelta consiste nella tiroidectomia totale. Uno svuotamento linfonodale trova indicazione solo in presenza di linfonodi palpabili. Terapia complementare alla chirurgia di tutte le forme neoplastiche differenziate è la radioterapia metabolica con iodio radioattivo, sia per la bonifica dei residui neoplastici sia per il trattamento delle metastasi dopo terapia chirurgica. Le forme indifferenziate sono il carcinoma scarsamente differenziato, il carcinoma anaplastico, molto aggressivo e quasi sempre letale e il linfoma maligno, quest’ultima una patologia rara che si osserva soprattutto in soggetti anziani di sesso femminile. In questi casi è necessaria l’integrazione della chirurgia con la radio-chemioterapia, in particolare nella varietà linfomatosa, che presenta un’elevata radiosensibilità.