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Che cosa è il reflusso gastroesofageo?

Il reflusso gastroesofageo consiste nella risalita del contenuto gastrico (succhi gastrici, alimenti, bile) dallo stomaco all’esofago (Fig. 1)

Tale fenomeno è abbastanza normale, se contenuto nel numero di episodi e soprattutto nel tempo in cui tale reflusso rimane nell’esofago. La mucosa dell’esofago è in grado infatti di tollerare modeste quantità  di materiale gastrico, limitato in scarsi episodi e periodi di tempo. Minore resistenza la mucosa esofagea riesce ad offrire nei confronti del succo biliare. Se il reflusso è abbondante, frequente e prolungato compaiono i sintomi.

Le cause del reflusso gastroesofageo non sono state ancora ben chiarite. Uno dei motivi identificati è la minore continenza dello sfintere esofageo inferiore. Lo sfintere esofageo inferiore, l’anello muscolare situato nella porzione terminale dell’esofago, che normalmente risulta chiuso, aprendosi solo quando giunge il bolo alimentare permettendone il passaggio dall’esofago allo stomaco, in questi casi non riesce, per lo scarso coordinamento, ad essere una barriera al passaggio del contenuto gastrico in senso inverso (dallo stomaco all’esofago).

La presenza di un’ernia iatale potrebbe da sola giustificare il reflusso gastroesofageo tant’è che da alcuni viene considerata la stessa cosa. In realtà  può essere presente il reflusso gastroesofageo patologico anche in assenza di ernia iatale. Alcune condizioni possono favorire il reflusso gastroesofageo come la gravidanza, il diabete e l’obesità  ma anche un difettoso svuotamento dello stomaco.

Che cos’è l’ernia iatale?

L’ernia iatale è causata dalla migrazione di una porzione dello stomaco dall’addome al torace attraverso lo sfiancamento del forame (iato diaframmatico) attraverso il quale normalmente l’esofago si continua nello stomaco. In presenza di ernia iatale una porzione più o meno cospicua di stomaco risale in torace. Questa alterata situazione anatomica favorisce il reflusso gastroesofageo.

Esistono diversi tipi di ernia iatale:

ernia da scivolamento, in cui una parte dello stomaco e l’esofago si spostano verso l’alto, attraverso lo iato esofageo, rendendo più probabile l’evento del reflusso gastroesofageo. Questo tipo di ernia è reversibile, spesso anche senza necessità  di intervento. E’ il tipo di ernia più frequente (circa il 90%) e colpisce prevalentemente persone obese o in sovrappeso;

ernia paraesofagea, in cui una parte dello stomaco migra attraverso lo iato esofageo in torace, in questi casi la giunzione esofagogastrica, l’esofago e il restante stomaco risultano in sede. L’ernia risulta quindi compressa tra l’esofago e le pareti dello iato con la possibilità  di creare problemi nei riguardi della vascolarizzazione dello stomaco. Tra tutte le ernie, è la meno frequente (5%) (Fig. 2);

ernia mista: caratterizzata da entrambe le forme di ernia precedentemente descritte (Fig. 3).

Quali sono i motivi del perchè si manifesta l’ernia iatale?

Le vere cause accertate di ernia iatale non sono state ancora scoperte. Un forte trauma addominale potrebbe essere uno dei motivi di formazione dell’ernia iatale, così come forti pressioni addominali potrebbero favorire l’inizio di questa patologia: l’abitudine a portare abiti molto stretti, il sovrappeso o la tosse cronica possono dunque essere la causa dell’ernia iatale.

Anche l’alterazione anatomica di eccessiva apertura dello iato esofageo può rendere più facile lo spostamento dello stomaco e velocizzare la formazione dell’ernia.

Altri motivi ipotizzati sono: la perdita di elasticità della giunzione gastroesofagea, la riduzione della lunghezza dell’esofago a causa di altre patologie rendendo più facile la risalita di una porzione dello stomaco nel torace; l’accumulo di grasso nei fasci muscolari con i quali il diaframma si inserisce sulla colonna vertebrale; questo accumulo provoca una modificazione strutturale della giunzione gastroesofagea e incrementa la pressione a livello addominale.

L’ernia iatale è una patologia frequente?

Circa il 15% degli italiani è affetto da ernia iatale. Secondo dati preliminari del 2002 i sintomi del reflusso gastroesofageo sono avvertiti da circa 18 milioni di italiani (circa 1 italiano su 3). E’ più frequente nei soggetti che hanno superato i cinquant’anni di età  (l’ernia dello iato è presente nella quasi totalità  dei soggetti che hanno superato gli ottant’anni), nelle donne e nei soggetti in sovrappeso.

Questi sintomi a volte di scarsa entità  vengono solitamente sottovalutati e percepiti come un disturbo comunque benigno e passeggero. E’ noto viceversa che, la malattia da reflusso gastroesofageo non curata adeguatamente, può provocare danni sulla qualità  della vita, più di quanto non facciano altre malattie molto diffuse come l’ulcera duodenale o l’angina pectoris.

Che cos’è l’esofagite?

Nei casi in cui il reflusso è più intenso o prolungato può svilupparsi l’infiammazione della parete esofagea: l’esofagite.

Quando l’esofago è sottoposto a fenomeni più gravi di reflusso all’infiammazione può seguire l’erosione o l’ulcerazione dell’esofago.

La presenza di esofagite non vuol dire necessariamente che siamo in presenza della malattia reflusso gastroesofageo. Circa il 60% delle persone affette da malattia da reflusso gastroesofageo infatti non presenta segni di esofagite. In questi casi durante l’esame endoscopico l’esofago si presenta perfettamente normale. Le persone senza esofagite sono percentualmente più frequenti di quelle con esofagite ed i loro disturbi sono altrettanto fastidiosi e invalidanti. Per di più, la forma senza esofagite sembra rispondere meno bene al trattamento con i farmaci.

Quali sono i sintomi dell’ernia iatale?

In moltissimi casi la patologia “ernia iatale” non provoca disturbi, i sintomi perlomeno iniziali dell’ernia iatale possono essere simili a quelli derivanti dalla esofagite: salivazione intensa, raucedine, eruttazioni ripetute, soprattutto dopo pasti abbondanti; sensazione di peso in sede epigastrica (la cosidetta “bocca dello stomaco”); rigugiti acidi; bruciori intensi e persistenti dietro lo sterno, definiti “pirosi retrosternale”; talvolta dolore trafittivo in sede epigastrica ed irradiato al collo e nella schiena tra le scapole, tale da simulare un dolore cardiaco (simile ad una crisi anginosa), per intensità  e durata. Questi sintomi possono tendere ad aumentare, peggiorare in occasione di sforzi intensi o durante la gravidanza, a causa del temporaneo aumento della pressione intraddominale. La posizione orizzontale o “a testa in giù (come quando ci si allaccia una scarpa) aggrava ancor di più sintomi tipici dell’ernia iatale.

Per semplificare possiamo suddividere i sintomi in tre categorie: sintomi digestivi, sintomi cardiorespiratori, sintomi generali. Fanno parte del primo gruppo: la digestione difficoltosa, il rigurgito, le eruttazioni ed i bruciori retrosternali; in alcuni casi si hanno stipsi, diarrea, dolori in sede epigastrica (zona nota più comunemente come bocca dello stomaco) e, più raramente, vomito. Fanno parte del secondo gruppo di sintomi (cardiorespiratori): la dispnea, gli episodi improvvisi di bradicardia o di tachicardia, l’angina pectoris, le vertigini, il collasso. Fanno parte del terzo gruppo di sintomi (sintomi generali): il quadro anemico dovuto o a malassorbimento gastrico del ferro o a lesioni della mucosa gastroesofagea con conseguenti perdite ematiche.

Quali sono le possibili complicanze?

Le complicanze più frequenti sono rappresentate dai danni che il contenuto acido dello stomaco produce sulla mucosa gastrica. Anche la permanenza del cibo nel tratto erniato può provocare alterazioni della mucosa fino alla ulcerazione della mucosa ed al sanguinamento della stessa.

Come si fa diagnosi di ernia iatale e di reflusso gastroesofageo?

Oltre la clinica che risulta piuttosto importante per porre il sospetto di malattia del giunto esofagogastrico, la conferma può essere ottenuta con diverse metodiche diagnostiche.

Metodiche radiologiche: rx digerente a doppio contrasto.

Metodiche endoscopiche: esofagogastroduodenoscopia (EGDS).

Metodiche che studiano contemporaneamente due aspetti, sia quello delle modificazioni dell’acidità  all’interno del lume esofageo (Ph-metria) che della modificazoni delle pressioni intraluminali (studio manometrico) nell’arco del tempo. Questo studio può essere considerato di secondo livello quando cioè, a causa del fallimento della terapia medica, si comincia a pensare all’intervento chirurgico come trattamento dell’ernia iatale e della malattia da reflusso gastroesofageo.

 

Come si cura l’ernia iatale?

Questa malattia necessita di una perseveranza nel suo controllo particolarmente accurata. La persona portatrice di questo problema si accorgerà  che è molto importante l’atteggiamento mentale nei confronti della malattia e della sua terapia. Siccome il trattamento coinvolgerà  abitudini alimentari, sacrifici legati al tentativo di ridurre il peso in eccesso, regole alimentari al di là  della quantità  ma anche del tipo di cibo da assumere, comporterà  un grosso impegno sia dalla parte medica ma anche e soprattutto dalla parte del soggetto che affronterà  questa sfida.

Il trattamento chirurgico non deve essere visto come un modo per saltare tutti i sacrifici, le privazioni o le regole. Questo mezzo utile in un gioco più complesso di squadra (modifiche di vita, terapia medica, terapia chirurgica), potrebbe diventare inutile se, viceversa, venisse visto come una panacea ed in grado da solo di risolvere questo problema. E’ per questo che il soggetto affetto da questa patologia dovrà  essere particolarmente compliante (disponibile ai cambiamenti delle abitudini di vita ed alimentari, disponibile ed attento agli orari delle terapie).

La terapia iniziale è quella di utilizzare semplici accorgimenti come per esempio sottoporsi ad una dieta equilibrata (seguita necessariamente da un medico specialista), che dovrebbe prevedere la diminuzione o l’abolizione di alcool, caffè, cioccolato, frutta acida (agrumi), alimenti piccanti o troppo grassi. Diminuzione o sospensione dell’assunzione di nicotina (ridurre o sospendere il fumo di sigaretta). Cercare inoltre di evitare di assumere grosse quantità  di cibo per pasto (evitare le “abbuffate”). Nelle due-tre ore successive al pasto è bene evitare di coricarsi o compiere lavori pesanti. La posizione orizzontale o il temporaneo aumento della pressione addominale potrebbero infatti facilitare la risalita del contenuto gastrico.

Cercare di evitare l’uso di farmaci come i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei: aspirina, ibuproene), tranquillanti, sedativi. In questi casi, qualora se ne ritenesse necessaria l’assunzione, contattare il proprio medico curante per informarlo e per permettergli di consigliarvi, eventualmente, farmaci alternativi e la loro migliore modalità di somministrazione.

Cercare inoltre di evitare abiti particolarmente aderenti che aumentano la pressione sullo stomaco.

Dovrà  essere curata anche la fase del sonno: il consiglio è di dormire con la testa sul cuscino, possibilmente, il letto dovrà  essere più alto dalla parte del capo (posizionare degli spessori in corrispondenza delle gambe della rete), evitare di dormire con i cuscini sotto la pancia.

Se nonostante gli accorgimenti messi in campo i risultati ottenuti sono modesti o nulli allora ci si rivolgerà  alla terapia medica.

Lo scopo della terapia medica sarà  quella di ridurre l’acidità  gastrica (antiacidi), non solo per ridurre i sintomi ma per permettere la rigenerazione della mucosa esofagea sofferente. Un’altra categoria di farmaci utilizzati in questa patologia sono quelli deputati ad aumentare la protezione della mucosa esofagea (questi farmaci non curano la malattia ma riducono la sintomatologia da essa derivata). L’ernia iatale è una patologia anatomica e come tale curabile solo con l’intervento chirurgico. La terapia chirurgica entra in campo qualora tutto gli sforzi sia medici che da parte del soggetto curato non riescono a controllare i sintomi sopra descritti.

L’intervento chirurgico viene eseguito per via laparoscopica, la tecnica aperta precedentemente utilizzata non offre gli stessi risultati in relazione alla maggiore invasività  della tecnica. Si è visto infatti che i risultati funzionali e la riduzione dei sintomi sono sovrapponibili tra le due tecniche. I vantaggi della terapia chirurgica laparoscopica, riconosciuti ormai da tutti, sono quelli legati alla tecnica miniinvasiva: riduzione del dolore postoperatorio, ripresa più rapida dell’alimentazione, decorso postoperatorio più “leggero”, (riduzione della richiesta di terapia antidolorifica da parte del paziente), rapida dimissione e, non ultimo, risultati estetici più accettabili (4 piccoli fori rispetto ad un taglio mediano che inizia dallo sterno e termina sotto l’ombelico).

L’intervento chirurgico consiste nel riposizionare lo stomaco nella cavità  addominale, la ricostruzione anatomica e funzionale dello iato esofageo e della giunzione esofagogastrica e nella “costruzione” di una valvola che aiuta lo sfintere esofageo inferiore ad evitare il reflusso gastroesofageo.